Abitudinaria di professione

14 Mag 2025

Ascolta l’articolo letto da Marianna

Tutti gli esseri umani sono abitudinari per natura, ma io, probabilmente, lo sono un po’ di più.

Fin da bambina la mia giornata è stata scandita da piccoli rituali, come scendere dal letto sempre con il piede sinistro, usare sempre la stessa tazza per fare colazione e toccare tutti i portoni della via andando a scuola. Mi fermo qui, ma la lista sarebbe infinita.

Alcune di queste abitudini me le sono inventate, altre le ho prese da mia mamma che, probabilmente, pensava solo di darmi una buona educazione. Come l’abitudine di andare a dormire alle 20:30, cosa che facevo anche se era la mia festa di compleanno e la mia camera era invasa da bambine e bambini che, in preda ai fumi della Coca Cola, si arrampicavano ovunque. Incurante di tutto ciò, io, l’abitudinaria di casa, mi mettevo il pigiama e andavo a letto. Come darmi torto, erano le 20:30!

Non ricordo bene come sia andata, so però che la mia ripetizione ossessiva di gesti o parole iniziò a essere considerata un problema e così, nel limite del possibile, le mie rassicuranti abitudini furono bandite.

Ma come in un film di supereroi, in cui la protagonista perde i suoi poteri ma si sa che prima o poi li ritroverà, così anche io, un giorno del 2003, partecipo a una lezione di Ashtanga Yoga, una pratica caratterizzata proprio dalla ripetizione e, come un’ex alcolista che per caso si trova del vino nel bicchiere, ho riscoperto l’ebbrezza della ripetizione.

Se per anni sono stata un’abitudinaria per natura, oggi posso definirmi un’abitudinaria di professione. Eccomi dunque a parlarti del super potere della ripetizione.

Il primo super potere delle abitudini è quello di liberare energia.

Un’azione, se ripetuta sufficientemente a lungo, diventa un automatismo e questo significa che non avrai più bisogno di ricordarti di farla o di concentrarti mentre la fai. Il tuo corpo, semplicemente, conosce la strada e tu potrai dedicare la tua attenzione a un’attività più complessa.

Facciamo subito un esempio: forse non te lo ricordi, ma quando hai imparato ad allacciarti le scarpe, quella semplice azione ti richiedeva una concentrazione tale da non riuscire, nel mentre, nemmeno a rispondere alla semplice domanda “come ti chiami?”. Ma dopo pochi giorni di allaccia e slaccia eri sicuramente in grado di dire la tabellina del 7.

Se ci pensi, tutta la tua vita è costruita sulla ripetizione di azioni che, una volta automatizzate, liberano energia da impiegare in azioni sempre più complesse: parlare una lingua straniera, battere alla tastiera, giocare a scacchi e, non credo ci sia il bisogno di dirlo, praticare yoga.

Se nelle prime pratiche di yoga ci è difficile posizionare i piedi in modo funzionale, in quelle successive i piedi si muovono “da soli” e possiamo dedicarci, ad esempio, a regolarizzare il respiro.

Il secondo super potere delle abitudini è quello di creare talenti.

Hai mai sentito parlare della regola delle 10.000 ore? La teoria, resa celebre dal libro Outliers di Malcolm Gladwell, è in realtà dello psicologo svedese Anders Ericsson specializzato in apprendimento. Ericsson sostiene che per raggiungere un livello di eccellenza in una disciplina sono necessarie almeno 10.000 ore di pratica costante e intenzionale, meglio se guidata.

Tra gli esempi citati il più famoso è quello di Mozart, il quale era sicuramente un talento naturale e precoce, ma ha composto capolavori solo dopo anni e anni di pratica, stimabili in circa 10.000 ore.
Senza impuntarsi ora sul numero di ore – Ericsson stesso ha specificato che le 10.000 ore sono un numero simbolico e che oltre alla quantità conta la qualità – ciò che è interessante in questa teoria è che se il talento conta, la pratica conta ancora di più!

«Practice and all is coming» diceva Pattabhi Jois, padre dell’Ashtanga yoga.
Esercitati con costanza e attenzione e creerai il tuo talento, direbbero Ericsson e Gladwell.

Ecco quindi l’ultimo super potere delle abitudini: la fiducia.

Mi riferisco qui alla fiducia nel potere della pratica reiterata, di qualunque pratica si tratti. L’unica condizione è che sia qualcosa che scegliamo noi di fare, e di fare bene, perché crediamo possa migliorare la nostra vita, quella di chi ci sta intorno e, con un po’ di presunzione, del mondo intero.

Patanjali stesso, nel testo Yoga Sutra, individua proprio nella pratica reiterata, Abhyasa in sanscrito, uno dei due pilastri del metodo yoga. E sai qual è il secondo?

Vairagya!

Sono abbastanza certa che questa parola non abbia avuto l’effetto sensazionalistico che sembrava promettere, ma dammi ancora 10 righe.

La prima volta che ho fatto una meditazione guidata, sentendo il mio maestro dire «Se ti accorgi che la mente si allontana, gentilmente riportala sul respiro», ho pensato: ma se “io” mi accorgo che “io” mi sono distratta, allora, nella mia testa, devono esserci almeno due “io”: uno che fa e uno che controlla che l’altro faccia.

Il binomio Abhyasa (pratica reiterata) e Vairagya (che significa distacco) sta a indicare proprio questo processo: quello di praticare con costanza e nello stesso tempo osservare con distacco quanto si sta facendo.

Il distacco è l’antidoto al lato oscuro della forza dell’abitudine, ovvero l’automatismo cieco o, peggio, la superstizione.

Il rischio dell’abitudine intesa come automatismo o superstizione è quello di dover avere una tazza speciale altrimenti non si fa colazione, di dover toccare tutti i portoni della via altrimenti non si va a scuola, di mettersi in pigiama nel bel mezzo di una festa solo perché sono le 20:30.

Per alimentare invece le buone abitudini, ti propongo questo esercizio:

Pensa a tre pratiche che potresti introdurre nella tua quotidianità per liberare energia, creare il talento che vuoi avere o per coltivare la fiducia in un mondo migliore. Ecco tre esempi:

  1. iniziare la giornata con 10 minuti di meditazione
  2. scrivere, disegnare o suonare 60 minuti al giorno
  3. annotare ogni sera 3 cose per cui provi gratitudine.

Trova delle strategie per rendere queste pratiche semplici.

Riprendendo gli esempi qui sopra, puoi:

  1. preparare la postazione per la meditazione prima di andare a letto, così quando suona la sveglia dovrai solo alzarti dal letto e sederti sul cuscino!
  2. inserire a calendario quando e dove dedicherai i 60 minuti a coltivare il tuo talento, così che diventi un appuntamento imprescindibile della tua giornata.
  3. tenere in bella vista sul comodino quaderno e penna cosicché una volta a letto noterai il quaderno e avrai tutto a portata di mano per scrivere le cose belle che ti sono successe.

Ultimo passaggio, pratica con costanza e osserva ciò che fai con il giusto distacco, così da progredire sul cammino che hai scelto

  1. per nutrire la tua pratica meditativa leggi libri in tema, segui profili di insegnanti che stimi, ascolta meditazioni guidate o partecipa a pratiche di gruppo.
  2. condividi con chi stimi ciò che scrivi, disegni o componi. Mettiti in gioco, fatti ispirare e coltiva il tuo talento anche frequentando ambienti e persone affini
  3. metti in pratica la gratitudine coltivando la gentilezza e la generosità, verso le persone che ami o anche verso chi non conosci con attività di volontariato.

E ricorda: Do or do not. There’s no try.
— Grand Master Yoda

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